Domenica scorsa si sono concluse le convenzioni del Partito Democratico, la prima fase del congresso (riservata al voto degli iscritti) nei vari circoli del PD. La seconda fase avrà inizio con la convenzione nazionale di domenica prossima, e si concluderà con le primarie aperte del 30 aprile.
Gli sfidanti
Chi saranno gli sfidanti di queste primarie? Ce lo dicono proprio i risultati delle convenzioni appena concluse. Matteo Renzi è giunto primo con 176.743 voti (66,7%), staccando nettamente Andrea Orlando (66.917 voti, il 25,3%) e Michele Emiliano, che ha superando la fatidica soglia del 5% ottenendo 21.219 voti (l’8% del totale).
Le convenzioni in numeri
- 266.726 votanti
- Ha votato il 59% degli iscritti.
- Nel congresso del 2013 i votanti furono 30 mila in più, ma il 4% in meno
- Nel 2013 Renzi ebbe il 45,3% (pari a 122.892 voti)
I vertici del PD parlano di un’affluenza in aumento perché nel 2013 vi era un maggiore numero di iscritti e a votare nelle convenzioni di circolo fu “solo” il 55% di essi. L’aumento dei suoi consensi tra gli iscritti al partito non deve sorprendere: nel 2013 infatti Renzi era percepito da molti come un “corpo estraneo” al PD, e una parte consistente dell’apparato “uscente” si schierò con Gianni Cuperlo. Oggi, nonostante la pesante sconfitta del 4 dicembre e le conseguenti dimissioni da premier e da segretario, Renzi ha una presa molto maggiore sul partito di cui è stato segretario per più di tre anni (e sulla sua base).
La distribuzione dei voti
Lo si vede anche dalla distribuzione territoriale del voto. Nel 2013 Renzi vinse il voto nei circoli in quasi tutte le regioni, ma con eccezioni importanti: in Emilia-Romagna e in Sicilia – oltre a Molise e Val d’Aosta – il voto degli iscritti premiò Cuperlo; in Basilicata, a primeggiare fu Gianni Pittella. Oggi, Renzi ha vinto in tutte le regioni, come si nota dalla nostra mappa interattiva: più il colore è scuro, maggiore è il vantaggio di Renzi sul secondo classificato.
Mappa interattiva, clicca per navigare
La nostra mappa si basa su un conteggio parziale, grazie al quale è stato possibile proiettare, ancora prima che si finisse di votare nei circoli, un risultato estremamente vicino a quello ufficiale (Renzi 67,5% – Orlando 25,5% – Emiliano 7%). La regione più combattuta è stata la Puglia: secondo una comunicazione ufficiale del PD, questa sarebbe stata l’unica regione in cui abbia prevalso uno degli sfidanti di Renzi (nella fattispecie, il presidente di quella regione, Emiliano), che invece nel nostro conteggio risulta indietro: ma si tratta in entrambi i casi di un divario minimo, e di una situazione abbastanza eccezionale rispetto al dato nazionale.
Anche la mappa dei risultati a livello provinciale, infatti, ci rivela una situazione a senso unico: Orlando ed Emiliano sarebbero giunti primi solo in un paio di province a testa (in Abruzzo, Puglia e Sicilia).
La differenza con il 2013 è evidente: in quell’occasione Renzi, pur primeggiando nelle province del centro-nord, aveva sofferto maggiormente la concorrenza di Cuperlo (ma anche di Civati, che arrivò primo in provincia di Foggia) al sud e nelle isole.
La distribuzione del voto ai tre candidati, inoltre, ci racconta un altro aspetto di primaria importanza in questa competizione. La mappa di Renzi mostra un consenso piuttosto uniforme tra le province del centro-nord, mentre al sud c’è una maggiore variabilità: molto forte in Campania (rispetto al suo dato nazionale), molto meno in Puglia; in Sicilia si passa da province in cui c’è stato un plebiscito renziano ad altre in cui addirittura hanno vinto Orlando o Emiliano.
La candidatura di Orlando sembra avere invece un carattere marcatamente settentrionale: oltre alla sua Liguria, il ministro della Giustizia va molto bene in alcune province del Veneto, del Piemonte, della Lombardia e dell’Emilia-Romagna. Al sud l’unico acuto di Orlando sembra essere ad Enna (provincia con un radicamento della sinistra storicamente più forte che nel resto della Sicilia) e a Brindisi.
Viceversa, la candidatura di Emiliano è molto più “meridionale”, in modo speculare rispetto a Orlando e con una – prevedibile – zona di forza nettamente individuabile nella sua Puglia. Basti pensare che è solo grazie ai voti presi in questa regione che Emiliano ha superato il 5%. In molte zone del Nord le percentuali di Emiliano sono molto inferiori a questa soglia, e hanno indotto molti a ritenere erroneamente, nelle prima fasi delle votazioni, che alla fine solo Renzi ed Orlando sarebbero arrivati a giocarsi la segreteria alle primarie.
Infine, un’ultima considerazione va fatta sul comportamento di voto nei circoli in base alla loro dimensione (cioè al numero di votanti). Da questo punto di vista vi era infatti una grande variabilità: nella nostra raccolta dei dati, ci sono arrivati spesso risultati relativi a circoli in cui avevano votato due o tre persone, insieme ad altri in cui avevano votato centinaia di iscritti. Ci siamo chiesti allora se il risultato sia stato diverso a seconda del numero di votanti. La risposta si vede nel seguente grafico:
Come si può notare, il consenso di Renzi rimane pressoché identico (e pari a circa due terzi dei voti validi) a prescindere dalla dimensione del circolo. Mentre è interessante notare come il consenso di Orlando, che raggiunge il suo massimo nei “mini-circoli” (dove cioè hanno votato meno di 10 iscritti) e scende al 22% in quelli più grandi, con oltre cento votanti. In modo speculare, come è intuitivo, a salire man mano che aumenta la dimensione de circolo è il consenso ad Emiliano, che raccoglie in media meno del 5% nei circoli più piccoli e ben il 13% in quelli di maggiori dimensioni, maggiormente diffusi proprio nel Mezzogiorno.