Giugno 2017, bacino del Po: il fiume più grande d'Italia ha la gola secca. Ed è allarme siccità: livelli dell'acqua ai minimi storici, riserve idriche in difficoltà, amministrazioni locali alle prese con piani per razionalizzare l'acqua, il governo nazionale dichiara lo stato di emergenza per alcune province. Che sta succedendo?
Non è questione di uno o due giorni particolarmente caldi. Né di uno o due giorni di pioggia per riportare il Po alla normalità. La questione riguarda, piuttosto, come stanno cambiando gli andamenti di piogge e temperature in una particolare area geografica, come cambieranno le stagioni nel corso dei prossimi decenni. Si trattasse di un giorno o due di carenza idrica, potremmo affrontarlo senza troppi titoli di giornale. Ma se queste condizioni dovessero ripetersi in futuro e mostrare una certa ciclicità stagionale, allora tutto sarebbe diverso, perché non saremmo di fronte a un fatto eccezionale, ma al ripetersi nel tempo di un fatto che fino ad oggi è stato un evento eccezionale. Diciamolo meglio: abituiamoci all'idea di una normalità diversa.
Le risorse idriche che siamo abituati a gestire nei mesi più caldi, nei prossimi decenni potrebbero diminuire in maniera significativa. Quello che oggi valutiamo come una situazione straordinaria potrebbe diventare la norma, con conseguenze significative su tutto il mondo (ambientale, economico, sociale) che gira intorno all'acqua. E non sarebbe quindi una cattiva idea pensare a modi per soddisfare il nostro fabbisogno idrico (quando beviamo, per cuciniamo, per puliamo le nostre case, irrighiamo i campi i campi, facciamo funzionare fabbriche e impianti industriali) con risorse ridotte. Almeno in determinati periodi dell'anno.
Il Po cambia abitudini
Ed eccoci al bacino del Po: 17 milioni di persone, il 35% della produzione agricola nazionale, il 48% di quella industriale, circa il 40% del PIL italiano. Leggendo queste cifre è corretto ipotizzare che cambiamenti della portata del fiume potrebbero avere conseguenze sensibili non solo per il Po e per l'ecosistema di cui è parte, ma anche per l'economia nazionale.
Sulle abitudini del Po si sono concentrate le attenzioni di un gruppo di ricercatori della Fondazione CMCC (Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici). Ci sono voluti strumenti all'avanguardia, capaci di integrare informazioni climatiche, idrologiche e di bilancio, per risultati decisamente innovativi e interessanti: nei mesi estivi la condizione di deficit idrico diventerà la norma, sempre che noi non siamo capaci di modificare il fabbisogno idrico e il modo in cui gestiamo le risorse.
Quello che hanno fatto gli autori (Paola Mercogliano, Renata Vezzoli e Sergio Castellari) è stato un lavoro raffinato e complesso. Hanno analizzato i dati di temperature e precipitazioni nel bacino del Po riferiti al passato, li hanno confrontati con scenari di cambiamento climatico per il futuro elaborati attraverso modelli matematici, e poi hanno paragonato il passato e il futuro, evidenziando le anomalie nei diversi periodi dell'anno. Infine hanno analizzato il modo in cui le differenze di temperatura e precipitazioni nei diversi periodi dell'anno influiscono sulla portata del fiume negli anni a venire.
2050: meno acqua per le nostre abitudini
I risultati ci dicono che nel trentennio che si concluderà nel 2050 le abitudini del Po mostreranno: meno disponibilità idrica in estate, maggiori episodi di piena nel corso dell'anno. In particolare, spiegano gli autori, la portata media giornaliera nei mesi estivi andrà sotto la soglia di magra, evidenziando che nei mesi più caldi la condizione di deficit idrico diventerà la norma invece che l’eccezione.
Sembrerebbe, quindi, che le abitudini future del Po non incontrino le abitudini attuali delle nostre società, e il fiume più grande d'Italia sarà meno ricco di acqua proprio nei periodi in cui siamo abituati a chiederne di più (per l'irrigazione, per le nostre città, per il turismo, ecc.), con potenziali ricadute sulle attività produttive e sulla popolazione.
Ora, come è chiaro, non si tratta di annunciare future siccità come una prossima piaga ambientale. Si tratta invece di avere indicazioni utili per la pianificazione e la gestione della risorsa idrica nel bacino del fiume Po nei prossimi anni, e capire quali misure e tecnologie possono aiutarci a convivere con le nuove abitudini del fiume senza ripercussioni sui sistemi socio economici.
Mauro Buonocore - Ufficio Stampa CMCC
Per approfondire leggi anche: Scenari di cambiamenti climatici nel periodo 2021-2050: quale disponibilità idrica nel bacino del fiume Po?