La demenza è una malattia strettamente correlata all’invecchiamento. Nelle società più industrializzate, a causa dell’invecchiamento progressivo della popolazione, il numero dei soggetti affetti da deterioramento cognitivo è destinato inesorabilmente a crescere. In Italia si stima che circa un milione di soggetti è affetto da una qualche forma di demenza e oltre ottocentomila persone sono affette da disturbi cognitivi minimi che possono essere prodromici al successivo sviluppo di una demenza.
La demenza di Alzheimer, una malattia neurodegenerativa del Sistema Nervoso Centrale, è la più frequente forma di demenza raggiungendo il 50-60 per cento di tutte le forme di demenza. La seconda più frequente forma di demenza è la demenza vascolare che rappresenta circa il 15-20 per cento di tutte le forme di demenza. Per tutte le forme di demenza le terapie attualmente disponibili sono prevalentemente sintomatiche e prive di effetto nel modificare la storia clinica di malattia quando questa sia esordita
Un grande impulso hanno avuto quindi negli ultimi anni, tutti quegli studi tesi a rallentare il processo di invecchiamento cerebrale andando ad agire su una serie di fattori protettivi legati allo ‘stile di vita’ che potrebbero ritardare o bloccare i meccanismi della neurodegenerazione.
Il ruolo dell'attività fisica
Tra i fattori che hanno ricevuto maggiore attenzione, l’incremento della attività fisica è quello che ha mostrato l’effetto più interessante sia nel rallentare la progressione del disturbo cognitivo nei pazienti con demenza iniziale ma ancora di più nel ridurre la frequenza di insorgenza di demenza nella popolazione anziana.
Già era noto che topini geneticamente modificati a produrre beta amiloide, la proteina patologica che si accumula nella Malattia di Alzheimer, producevano una minore quantità di questa proteina, presentavano una maggiore capacità di neurogenesi e si ammalavano quindi più tardivamente se erano sottoposti ad un regime costante di esercizio fisico in gabbie dove erano costretti a muoversi di più e svolgere particolari attività motorie per raggiungere il cibo.
Il dato sull’uomo è stato altrettanto confortante e numerosi studi hanno dimostrato che l’attività fisica è costantemente associata ad una riduzione di comparsa della patologia. In uno studio svolto presso il Dipartimento di Cardiologia dell'Hartford Hospital di Hartford, nel Connecticut è stata effettuata una revisione sistematica della letteratura esistente su una popolazione complessiva di 1145 anziani a rischio di Alzheimer, in quanto uno o più dei loro genitori era stato colpito da questa malattia oppure perché presentavano una condizione di disturbo cognitivo minimo iniziale.
I risultati dello studio hanno mostrato che gli anziani che facevano qualunque tipo di esercizio dimostravano una funzione cognitiva migliore di quelli che non praticavano affatto e non sviluppavano demenza.
150 minuti di attività fisica ogni settimana per gli over 65
L’esercizio fisico si è dimostrato efficace non solo come fattore in grado di prevenire il normale invecchiamento cerebrale ma anche come vera e proprio approccio non farmacologico alla malattia di Alzheimer. I risultati dello studio finlandese FINGER pubblicati sul Lancet of Neurology hanno chiaramente dimostrato che tecniche di stimolazione cognitiva e dieta bilanciata ipolipidica associate a un costante esercizio fisico sono in grado di ridurre la progressione della demenza nel tempo.
Tutti questi dati hanno portato l'Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) a raccomandare agli over 65enni la pratica di 150 minuti di esercizio aerobico di intensità moderata ogni settimana o 75 minuti settimanali di esercizio aerobico a media intensità considerando l’esercizio fisico parte integrante dei programmi di prevenzione della malattia di Alzheimer e
Quando Giovenale coniò il termine ‘Mens sana in corporesano’ lo fece per indicare i due valori fondamentali a cui aspirare rispetto alla ricerca di altri beni materiali, come la fama o l'edonismo. Mai si sarebbe aspettato che questa definizione si sarebbe poi trasferita in senso biologico a definire la unicità psicofisica del benessere della persona e più specificatamente la stretta interdipendenza tra capacità mentali e attività motoria.
di Camillo Marra