Da qualche giorno c’è un mistero che riguarda i ragazzi italiani. In particolare i 18enni. Perché la stragrande maggioranza di loro non ha ritirato e speso i 500 euro che il passato governo gli ha messo a disposizione? Era un regalo per chi ha compiuto 18 anni. Per quelli nati nel 1998. Infatti app18 si chiama il sito che la presidenza del consiglio ha creato per aderire all’iniziativa. Che nasce nel novembre del 2015 all’indomani dell’ennesimo attentato terroristico in Europa. L’allora presidente del Consiglio Renzi decise che la risposta dell’Italia avrebbe dovuto essere investire in sicurezza ma anche in cultura. In egual misura. E quindi per ogni euro investito in sicurezza, disse, “investiremo un euro in cultura”. E “bonus cultura” fu il nome del progetto, inserito nella legge di stabilità, con cui 500 euro venivano regalati ai 18 enni per spenderli in libri, teatri, concerti e cinema.
Solo il 6,3% di quei soldi sono stati spesi
Ora, 500 euro non sono pochi. Non lo sono di questi tempi. Non lo sono in un paese dove il 40 per cento dei giovani che cerca un lavoro non lo trova. Eppure il bonus cultura non funziona. Qualche giorno fa il quotidiano La Stampa ha rivelato che solo il 6,3 per cento di quei soldi sono stati spesi. Il 6,3 per cento di 290 milioni di euro. Restano in cassa 272 milioni e 600 mila euro. Uno spreco. Al punto che il termine per iscriversi al sito, che inizialmente era il 31 gennaio, è stato prorogato al 30 giugno.
Possibile che i 18enni italiani snobbino l’opportunità di spendere 500 euro? Si è detto: sono pochi i commercianti che hanno aderito e quindi è complicato trovare qualcosa da comprare. E’ vero, sono pochi, in molti comuni non ce n’è nessuno, ma entrando nel sito è possibile usare Amazon e Ticketone per comprare praticamente di tutto, dai concerti ai libri, e quindi come alibi non regge.
Forse era sbagliata l'idea a monte dei soldi a pioggia?
Si è anche detto: è complicato prendere SPID, l’identità digitale che serve per registrarsi al sito: è vero, SPID non è facilissimo, ma in mezza giornata un ragazzo abituato a stare su Internet ci riesce, credetemi.
E allora? Era sbagliata l’idea a monte di dare dei soldi a pioggia a tutti o è colpa dei giovani che non si impegnano?
Il segretario nazionale del movimento studenti di Azione Cattolica, Giole Anni, intervistata dal Fatto Quotidiano, ha detto: “Chi non comprava libri continua a non acquistarne, chi non andava al cinema e a teatro continua a non andare. Il bonus cultura è stato un flop perché non ha cambiato nulla”. Il che però non risponde alla domanda sul perché non abbia cambiato nulla ed anzi, come approccio, fa venire meno anni di dibattito sul diritto allo studio e sulle condizioni economiche disagiate quale freno alla crescita dei giovani. Se non leggono o ascoltano musica neanche gratis, abbiamo un problema più grave del bonus cultura.
Sempre sul Fatto Quotidiano il portavoce della Rete degli studenti medi Gian Marco Monfreda, dice che ““I cinquecento euro sono stati solo una paghetta e nulla di più, molti di noi non ne avevano bisogno”; e punta l’indice contro il fatto che “ci sono pochi esercenti che si sono registrati. Persino nelle grandi città non si trovano negozianti che partecipano a questo progetto e fuori dalle metropoli o dai capoluoghi di provincia ci sono realtà dove non c’è un solo punto vendita che ha aderito all’iniziativa. Per esempio in Sicilia, a Ragusa e Trapani ci sono zero esercenti aderenti, a Siracusa sono pochi. Eppure la cultura non è solo per chi abita nelle metropoli”. Tutto vero, ma come abbiamo visto online è possibile comprare tutto o quasi. Perchè i nativi digitali non lo fanno? Perché è una “paghetta”? Non mi convince, deve esserci altro.
Vendola all'Agi ha parlato di "modello che non funziona"
Oggi, durante un forum in redazione all’AGI, Nichi Vendola, che quando ha guidato la Puglia ha varato uno dei programmi migliori d’Europa per favorire l’imprenditorialità sociale dei giovani, ci ha detto che servono progetti mirati non soldi a pioggia (in Puglia molto luoghi abbandonati diventarono palestre di innovazione sociale, ha ricordato).
Insomma, vorremmo capire. E’ importante farlo, perché parliamo sempre della generazione perduta e ce ne preoccupiamo anche, ma evidentemente ai decisori mancano le antenne per capire di cosa c’è bisogno. Insomma se avete 18 anni, raccontateci la vostra esperienza con il bonus cultura: scrivetemi a dir@agi.it.
in una precedente versione di questo articolo il 31 gennaio 2017 veniva erroneamente indicato quale il termine per spendere il bonus mentre è il termine per iscriversi al sito. Correzione in seguito alla segnalazione di un lettore