Papa Francesco ha varato nel giugno scorso una procedura che prevede la rimozione dei vescovi e superiori religiosi che non hanno agito in modo responsabile davanti a denunce di abusi sessuali compiuti da ecclesiastici sottoposti alla loro autorità. Una decisione coraggiosa e molto attesa. Ma finora non è stata comunicata alcuna decisione assunta in base al motu proprio “Come una madre amorevole”.
Anzi va segnalata una singolare novità nelle comunicazioni delle dimissioni dei vescovi: il bollettino della Sala Stampa non indica più se esse siano state presentate in base al paragrafo che prevede l’uscita a motivo dell’età o a quello relativo a “gravi ragioni”.
La richiesta di nuove norme che prevedessero la cosiddetta accountability (cioè l’accertamento delle diverse responsabilità, omissioni comprese) era emersa da due distinti organismi istituiti da Papa Francesco: il Consiglio dei 9 cardinali e la Pontificia Commissione per la protezione dell’infanzia, che annoverava tra i suoi membri due vittime che hanno successivamente lasciato l’organismo: Peter Saunders, che si dimise l’anno scorso per protesta verso alcune dichiarazioni del cardinale australiano George Pell, prefetto della segreteria dell’economia, da lui ritenute offensive verso chi ha subito abusi, e Maria Collins, che ha lamentato invece una resistenza passiva della Curia Romana, e segnatamente della Congregazione della Fede e del suo prefetto, il cardinale tedesco Gherard Ludwig Muller, a difesa dei vescovi che hanno coperto gli abusi.
Chi decide oggi sui casi di pedofilia
Al Papa - del resto - era stato proposto di istituire una sorta di tribunale speciale che giudicasse i vescovi accusati di aver coperto i preti pedofili. Ma la Segnatura Apostolica, presieduta dal cardinale francese Dominique Mamberti, aveva dato parere negativo sulla costituzione del nuovo tribunale presso la Congregazione della Fede, competente sui “delicta graviora”. E Francesco, alla fine, ha preferito un’altra strada che non aumentasse il carico giudiziario della CDF che ha solo 10 giudici per tutto il mondo (e il cui prefetto Muller peraltro non si era dimostrato entusiasta dell’iniziativa).
Così ha deciso di affidare le istruttorie ai quatto dicasteri da cui dipendono i cosiddetti ordinari:
- quella dei vescovi per i presuli latini,
- quella Orientale per i capi delle chiese di rito orientali,
- quella dell’Evangelizzazione dei popoli per i vescovi dei territori di missione e
- quella dei religiosi per i superiori religiosi.
La decisione finale sulla rimozione resta comunque del Papa, che lo scorso settembre ha costituito (presso di sé e non presso uno dei dicasteri della Curia Romana) un “apposito Collegio di giuristi” che deve assisterlo nel prendere tale decisione definitiva.
Da allora, però, sono passati 5 mesi senza che nessun atto ufficiale sia stato assunto in riferimento a questa procedura. “Se non è la mancanza di leggi, allora è la mancanza di volontà? Sono sicura che molti sopravvissuti, me compreso, sarebbero interessati”, afferma la signora irlandese, secondo la quale “all'interno della Chiesa ancora prevale il “rispetto per il sistema gerarchico rispetto alla persona umana” e l'orientamento ancora presente nella curia è quello di tutelare i “vescovi negligenti”, quelli cioè che hanno preferito proteggere i preti, piuttosto che le vittime della pedofilia.
In merito, la Collins chiama in causa responsabilità precise del dicastero della Dottrina della Fede che ha il compito di giudicare gli ecclesiastici colpevoli di abusi, e che dunque dovrebbe deferire alle congregazioni competenti su di loro gli ordinari che hanno coperto gli abusatori, quando ciò emerga nella causa.
La CDF è stata accusata di reagire invece alle richieste di giustizia come “un muro di gomma”. All’atto delle dimissioni della Collins, Muller si era difeso, in una intervista al Corriere della Sera, dicendo di avere sempre fatto il possibile per creare un buon clima di squadra.
La Collins ribadisce ancora che tutto ciò che desidera la Commissione (con la quale ella continuerà a collaborare come esperta su richiesta del presidente, cardinale Sean Patrick O’ Malley) è “migliorare la protezione dei bambini e degli adulti vulnerabili dovunque nel mondo ci sia la Chiesa cattolica e anziché tornare indietro in un atteggiamento di negazione e offuscamento, quando una critica come la mia viene sollevata il popolo della Chiesa merita una spiegazione appropriate. Abbiamo tutti - tiene a riaffermare - il diritto di trasparenza, onestà e chiarezza”.
L’anno scorso, rientrando dal Messico, Papa Francesco aveva assunto un impegno preciso in merito all’accountability. “Un vescovo che cambia la parrocchia ad un sacerdote, quando si verifica un caso di pedofilia, è un incosciente, e la cosa migliore che possa fare è presentare la rinuncia. Chiaro?”. Ed aveva anche reso omaggio al predecessore, Benedetto XVI chiedendo un applauso per lui. In effetti, Papa Ratzinger nei suoi 8 anni di Pontificato ha rimosso ben 77 vescovi, senza che vi fosse ancora una apposita procedura, semplicemente chiedendo direttamente le dimissioni.
Una linea di “tolleranza zero” che continua con Papa Francesco, pur con gli ostacoli che incontra la sua azione. “Lo spostamento di parrocchia in parrocchia del prete macchiatosi del crimine degli abusi sessuali su minori, del tutto inadeguato, era frutto dell’idea che questi atti venissero commessi per condizionamento ambientale. Cambiare ambiente di vita avrebbe permesso, secondo questa tesi assurda, di superare il problema. Purtroppo così facendo si sono esposte tante altre vittime innocenti a questi crimini sessuali. Oggi grazie a Dio non è più possibile agire così.
Papa Francesco è stato durissimo al riguardo. "Un sacerdote accusato di abusi su minori viene deferito alla Congregazione per la dottrina della fede e viene sospeso dal ministero mentre si fa luce sulle accuse che lo riguardano. Inoltre si avvertono le autorità civili”, ha spiegato al sito specializzato Vatican Insider monsignor Charles Scicluna, già promotore di giustizia della CDF e oggi arcivescovo di Malta e presidente del tribunale di appello della Congregazione.