Imperversa la polemica sugli ipotetici legami tra contrabbandieri di migranti e chi li salva in mare. L’accusa è che i primi facciano donazioni ai secondi affinché li vadano a salvare nelle acque territoriali libiche o internazionali. E come sempre si fa una gran confusione. Basta chiarire alcuni punti per rendersi conto che la connivenza tra contrabbandieri e cooperazione va ben oltre i salvataggi in mare. Naturalmente, non si devono fare generalizzazioni, la maggior parte di chi si prede cura dei migranti lo fa per scopi umanitari, ma come in tutti i settori anche in quello della cooperazione c’è il marcio. E vediamo perché.
In primis, la dizione corretta non è ONG ma ONLUS, organizzazione non lucrative di utilità sociale, che comprende tutte le associazioni della cooperazione incluse quelle filantropiche e caritatevoli e che ha rimpiazzato le vecchie ONG. La legge che istituisce le ONLUS risale al 1997 ed è nata dal bisogno di regolare il flusso di denaro proveniente dai privati, in altre parole l’esenzione fiscale. Ciò spiega perche’ le ONLUS dipendono dal ministero delle Finanze mentre le vecchie ONG dipendevano dal ministero degli Esteri. In passato queste ultime usavano fondi pubblici ed operavano principalmente all’estero.
Negli ultimi vent’anni, però, le organizzazioni umanitarie hanno raccolto sempre più fondi da donatori privati che sono diventati la loro fonte primaria di finanziamento, da qui la necessità di un trattamento fiscale preferenziale e di una legislazione favorevole alla loro costituzione (bastano infatti 2.000 euro per fondare una ONLUS). Risultato: sono cresciute esponenzialmente. Oggi ce ne sono circa quarantamila, più del 10 per cento del totale delle organizzazioni italiane non profit. Secondo l’Istat, alla fine del 2013 in Italia erano attive 301.191 istituzioni non aventi scopo di lucro, circa il 28 per cento in più rispetto al 2001. Il numero degli italiani che lavorava per queste organizzazioni, ricevendo uno stipendio o semplicemente facendo volontariato, nel 2013 era uno sbalorditivo 4,7 milioni.
Le donazioni private non impediscono alle ONLUS di attingere al denaro pubblico. Ed è questo il caso della stragrande maggioranza di quelle che si occupano dell’accoglienza dei migranti. Il governo italiano paga 35 euro al giorno per migrante: 27,50 euro per vitto ed alloggio, 2,50 per le piccole spese quotidiane e 5 euro per le necessità del programma di accoglienza, dalle lezioni di lingua alle visite mediche. Alcune organizzazioni come la Caritas o Aquiloni di Verona ricevono solo 30 euro perché questi ultimi servizi li offrono gratuitamente, tuttavia quasi tutte le altre e specialmente le cooperative sorte appositamente per assistere i migranti, ricevono gli extra 5 euro a persona al giorno.
Basta farsi due calcoli per capire di che cifre parliamo. Per 500 persone lo Stato paga 2500 euro al giorno, 75.000 al mese e cosi’ via. Questi fondi andrebbero utilizzati per pagare gli operatori sociali, almeno uno per ogni dieci rifugiati. Ma la maggior parte delle aziende che si occupano di accoglienza non assume sufficiente personale specializzato a tempo pieno e spesso usa i volontari.
Il disgustoso “business” dei migranti, quello vero, non avviene in mare ma sulla terraferma, in alcuni centri di accoglienza dove la tragedia dei profughi diventa lo strumento per intascare denaro pubblico. E’ li che la magistratura dovrebbe investigare.
(Loretta Napoleoni è autrice del best seller "Mercanti di Uomini",
dove questi concetti sono espressi e spiegati con dettagli e storie)