Di certo non sta andando lento, Donald Trump, nel produrre ordini esecutivi e nello smantellare, almeno a titolo di proposte da portare al Congresso, quanto costruito dall’amministrazione Obama. Chi pensa che le promesse fatte in campagna elettorale siano rimaste nel cassetto, si sbaglia.
Il budget e la sua ripartizione tra i vari Dipartimenti di stato, i ministeri
Con la premessa esplicita di sottomettere la sua proposta di budget al Congresso per “riordinare le priorità della spesa federale così da migliorare la sicurezza del popolo americano”, Donald Trump e l’Office of Management and Budget hanno compilato il Budget Blueprint “America First”. Come vediamo, 639 miliardi di dollari vengono destinati alla Difesa, di gran lunga la voce di spesa più importante. Ce ne sono poi quasi 80 che vanno al Dipartimento per i veterani, quasi 70 alla Sanità e 60 all’istruzione e più di 44 alla Sicurezza interna.
Impegno di spesa rispetto al budget dell'amministrazione Obama
Più interessante è vedere la variazione dell’impegno di spesa rispetto al budget dello scorso anno, l’ultimo dell’amministrazione Obama. E qui la linea politica di Trump è molto evidente: gli unici dipartimenti che vedono un aumento netto sono quello della Difesa, che di fatto assorbe i 52 miliardi di dollari tagliati a tutti gli altri comparti e che aumenta il proprio budget del 10%, il dipartimento per la Sicurezza interna che aumenta quasi del 7% e quello per i Veterani, che ottiene il 6% in più.
Anche il 'muro' nelle spese per la sicurezza
Nella spesa per la sicurezza interna Trump include un aumento interamente dedicato al rafforzamento, anche infrastrutturale, dei confini americani. Cita esplicitamente il famoso muro, che intende costruire come descritto in uno degli ordini esecutivi firmato il 25 gennaio 2017. Specifica anche di voler assumere 500 nuovi agenti di polizia per il controllo del confine americano e 100 nuovi impiegati entro il 2018 da impiegare nelle misure di attuazione delle leggi sull’immigrazione, personale che dovrà specificamente aumentare la capacità “di interdire gli alieni che tentano di attraversare il confine illegalmente così come di identificare e rimuovere quelli entrati illegalmente e già presenti negli Stati Uniti.” Al rafforzamento delle politiche anti migratorie Trum intende dedicare specificamente 1,5 miliardi di dollari per la “detenzione, trasporto e rimozione degli immigrati illegali.”
Il budget dedicato alla Difesa
Il budget dedicato alla Difesa, come si legge nel Blueprint, intende ripristinare il primato assoluto degli Stati Uniti come potenza militare piena e ben equipaggiata, la più forte del mondo. L’incremento di 52 miliardi di dollari “da solo eccede l’intero budget dedicato alla Difesa della maggior parte dei paesi del mondo ed è uno più consistenti nella storia americana. Superato solo dai picchi raggiunti sotto l’amministrazione Reagan e da alcuni incrementi fatti durante le guerre mondiali e i conflitti in Corea, Vietnam, Iraq e Afghanistan.” Nel documento inviato al Congresso si legge anche che è intenzione di questa amministrazione contrastare la riduzione della spesa militare iniziata dall’amministrazione Obama nel 2013.
Più soldi ai veterani che alla sanità
Guardandola dal punto di vista della ripartizione percentuale, si ha conferma di queste intenzioni anche a prima vista: oltre il 56% del totale del budget va alla Difesa. Anche la spesa per i Veterani, 11 milioni di persone assistite dal punto di vista sociale e sanitario, è una bella fetta dell’insieme ed è perfino più consistente di quella dedicata alla sanità o all’istruzione.
Trump ha firmato 25 ordinanze in meno di 100 giorni
Le volontà politiche di Donald Trump sono molto esplicite anche nei vari documenti già firmati dal presidente americano nei primi 100 giorni di governo e disponibili sul sito del Federal Register. Una quantità davvero mai vista prima: ci sono ben 25 ordinanze esecutive al 27 aprile 2017, quindi al 98esimo giorno di governo. Il primo ordine (EO 13765), del 20 gennaio scorso, riguarda Obamacare. L’ultimo, il n. 13789, è stato firmato il 21 aprile e riguarda l’avvio di una revisione per l’identificazione e rimozione delle leggi che complicano e aggravano il carico fiscale nei confronti dei contribuenti.
Ritmo di Trump da record
In ogni caso già così, con 25 ordini firmati, Trump si posiziona ben al di sopra di tutti i suoi predecessori. Barack Obama nel corso dei suoi due mandati, per esempio, ne ha firmati in totale 276 e George W. Bush 291, per citare gli ultimi due. Se tenesse questo passo, Trump arriverebbe a 98 ordinanze esecutive in un anno.
Tra gli ordini firmati ce ne sono ben sette dedicati alla sicurezza del paese e tre alle politiche ambientali. Oltre alle ordinanze esecutive, Donald Trump ha scritto anche 30 memorandum presidenziali che delegano al Congresso compiti specifici e 20 proclamations, discorsi o altri scritti prodotti per occasioni speciali.
L’ultima ad esempio è del 21 aprile e riguarda la settimana dedicata ai volontari che operano in diversi settori, oltre 60 milioni di cittadini secondo quanto leggiamo nel discorso presidenziale.
Vari media di Washington in questi giorni citano fonti alla Casa Bianca che darebbero almeno altri due ordinanze esecutive in arrivo entro i 100 giorni, di cui vengono divulgati anche i titoli e quindi i temi ("Improving Accountability and Whistleblower Protections at the Department of Veterans Affairs" e "Promoting Agriculture and Rural Prosperity in America”) ma per ora sul sito del Federal Register non sono ancora state pubblicate.
Cancellazione del Piano per l’energia pulita e taglio del 31% all’EPA
Nei primi giorni della presidenza Trump, Jonathan Foley, Direttore della California Academy of Sciences in San Francisco, ha scritto un lungo articolo su Scientific American dichiarando che la guerra ai fatti portata avanti da Donald Trump si riassumeva in una guerra alla democrazia. Foley fa esplicitamente riferimento alle posizioni prese da Trump in campagna elettorale, e già praticamente convertite in ordini e indicazioni politiche nonché esplicitate nella scelta dei segretari e dei direttori delle agenzie federali fin dai primi giorni, contro le politiche di gestione e riduzione degli impatti dei cambiamenti climatici.
La politica energetica del Presidente
Ma Trump non ha fatto un passo indietro, anzi. Con l’ordinanza esecutiva “Promoting Energy Independence and Economic Growth” firmata il 28 marzo 2017, Trump dà precise indicazioni sulla politica energetica che vuole perseguire, eliminando tutti gli ostacoli alla valorizzazione e impiego delle fonti di energia domestica e dando mandato di smantellare il Clean Power Plan (Piano per le energie pulite) voluto da Obama. In particolare, vengono revocati i seguenti documenti e ordini esecutivi firmati da Obama:
- EO 13653 of November 1, 2013 (Preparing the United States for the Impacts of Climate Change).
- Presidential Memorandum of June 25, 2013 (Power Sector Carbon Pollution Standards).
- Presidential Memorandum of November 3, 2015 (Mitigating Impacts on Natural Resources from Development and Encouraging Related Private Investment).
- Presidential Memorandum of September 21, 2016 (Climate Change and National Security).
- Report of the Executive Office of the President of June 2013 (The President’s Climate Action Plan).
- Report of the Executive Office of the President of March 2014 (Climate Action Plan Strategy to Reduce Methane Emissions).
Le priorità di Trump: posti di lavoro e sviluppo economico
Nonostante si dichiari in favore delle politiche ambientali, Donald Trump ribadisce attraverso tutti i mezzi a sua disposizione che la sua priorità sono i posti di lavoro e lo sviluppo economico.
I am committed to keeping our air and water clean but always remember that economic growth enhances environmental protection. Jobs matter!
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) 22 aprile 2017
E così, come vediamo nei grafici a inizio articolo, dal budget 2018 vengono tagliati circa 3 miliardi di dollari dal budget della EPA, la Environmental Protection Agency da un anno all’altro, pari al 31% del budget dell’Agenzia. Scott Pruit, discusso nuovo direttore nominato da Trump, sta facendo il tour di vari siti e impianti di energia da fonti tradizionali, promuovendo la sua agenda di lavoro, intitolata “Back-to-basic”, i cui principi sono tre: proteggere l’ambiente; coinvolgere i vari partners; leggi e regole adeguate alla crescita economica.
Lista dei progetti di ricerca previsti nel budget
Il documento più interessante è quello pubblicato da Vox. Si tratta di un memorandum interno del 21 marzo 2017, un leak arrivato ai media, che contiene l’elenco di tutti i progetti di ricerca e programmi che verranno ridotti, cancellati o viceversa mantenuti nei prossimi anni in seguito alle indicazioni di budget 2018. Tra i programmi cancellati ci sono più di 50 linee di ricerca su diversi pericoli ambientali e su alcuni programmi regionali, molte grants e borse di studio e un taglio di personale consistente, che viene stimato del 20 o addirittura del 25%. Si parla di circa 3200 persone su 15mila.
Taglio alla scienza di 1,7 miliardi di dollari
Il taglio generale di finanziamenti alla scienza si estende dalla EPA ad altre agenzie. Il DOE, Department of Energy, subisce un taglio del 5.6%, pari a 1,7 miliardi di dollari. Il budget proposto dal Presidente parla esplicitamente del rafforzamento della produzione di energia nucleare con un incremento pari all’11% del budget dedicato specificamente alla National Nuclear Security Administration. Completamente cancellato, invece, il programma di ricerca avanzata su progetti di tecnologie innovative, avviato da Obama nel 2015, perché il settore privato sarebbe in una posizione migliore per finanziare e commercializzare queste tecnologie innovative nel campo dell’energia e della mobilità.
Eliminato anche il programma da 73 miliardi di dollari dedicato alla ricerca marina e sugli ambienti costieri, il Sea Grant, della NOAA, la National Oceanic and Atmospheric Administration, cui partecipano oltre 33 università americane.
Nel budget non c’è invece alcuna menzione della National Science Foundation, agenzia da 7,5 miliardi di dollari di budget e circa 2000 impiegati, il cui destino per ora rimane del tutto oscuro.
96 giorni per una nomina: il Segretario di Stato per l’agricoltura
Una delle spiegazioni più popolari all’indomani del voto americano sull’elezione di Donald Trump è stata quella relativa alla sua capacità di cogliere e rispondere alle esigenze dell’America rurale. Eppure ci sono voluti 96 giorni per arrivare alla nomina del Segretario di Stato per l’agricoltura, Sonny Perdue, il cui arrivo alla USDA, il Dipartimento americano per l’agricoltura, è del 25 aprile scorso.
Mai un Segretario per l’agricoltura è stato nominato così tardi, con nomine sempre registrate tra fine gennaio e metà di febbraio, a meno di un mese dall’inizio del mandato presidenziale.
Dato il ritardo nella nomina, Perdue non ha dato alcun contributo alla messa a punto del budget 2018, come lui stesso ha dichiarato ai membri della Commissione agricoltura del Senato durante l’udienza del 23 marzo scorso.
Taglio al Dipartimento dell'Agricoltura del 21%
La USDA soffre, secondo quanto descritto nel blueprint del budget 2018, un taglio del 21% rispetto all’anno precedente, pari a 17,9 miliardi di dollari. Una delle misure più esplicite è il taglio del Water & Waste disposal loan and grant program, un programma da 498 milioni di dollari che forniva supporto alle famiglie e alle imprese rurali in difficoltà per l’acquisto, costruzione o miglioramento di impianti per la sanificazione delle acque e per la gestione dei rifiuti delle aziende agricole. Significativamente, al piano di supporto avevano accesso anche le comunità di nativi americani. Nel documento si fa riferimento alla necessità di rivolgersi al mercato privato o di trovare finanziamenti attraverso altri programmi federali, come quelli dell’EPA. Si parla infine di un generico taglio del personale USDA.