Ci sono bufale e bufale. E mezze verità. Anche sul cibo. Basta leggere, senza partito preso, il post sulla pasta e “Allarmismo e disinformazione “ pubblicato da Bufale.net, che ha analizzato, quasi, tutto ciò che è scaturito in rete, sulla presenza di micotossine, pesticidi e metalli pesanti, ma nei limiti previsti dalla legge, nella maggior parte dei più noti marchi di pasta italiana, in merito agli articoli pubblicati dall’associazione Granosalus.
Le risposte (e le minacce di querele, vedi Granoro) non si sono fatte attendere. Case produttrici, grande distribuzione e l’ AIDEPI, l’associazione delle Industrie del Dolce e della Pasta italiane, sono scesi in campo per difendere il proprio operato. Nel dibattito sono intervenuti associazioni a tutela del consumatore, come Altroconsumo e riviste specializzate come Il fatto alimentare e Il Salvagente.
- Ma davvero tutta la pasta che mangiamo è inquinata da contaminanti?
No o meglio non lo sappiamo con certezza se non attraverso i controlli di filiera operati delle ASL e dagli enti di controllo.
- Siamo certi che la sua provenienza sia da grani italiani?
No, in etichetta è indicato solo l’ultimo luogo di trasformazione, che per la legislazione vigente equivale, appunto, al luogo di produzione.
- Il grano italiano è esente da contaminazione come micotossine, pesticidi e metalli pesanti?
No. Ma esiste ad esempio un Piano Nazionale per il controllo delle micotossine, con controlli a campione da parte delle ASL. E bisogna ricordare che proprio su alcune sostanze, come il glisofato, bandito in Italia dal 22 febbraio 2017 c’è disaccordo tra IARC e l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) che ha proprio in corso un ulteriore studio.
- E’ vietato miscelare grani esteri e grani nazionali?
No, ma secondo il regolamento UE 1888 del 2006, per abbassare il livello di contaminazione non possono essere miscelati prodotti alimentari contaminati “con prodotti alimentari destinati al consumo umano diretto, né con prodotti alimentari destinati a essere impiegati come ingredienti alimentari”.
- E’ vero che i bambini e soprattutto fino ai 3 anni non dovrebbero mangiare lo stesso tipo di pasta utilizzata dagli adulti?
Si. Lo ribadisce il medesimo regolamento comunitario che stabilisce precisi limiti.
Sono solo alcune domande che possiamo farci davanti al nostro piatto di spaghetti e che ci portano davvero a riflettere su cosa mangiamo. Nelle mezze verità, appunto, c’è sempre qualcosa di vero. Ed è compito dell’informazione verificare e fare luce su ciò che il cittadino italiano deve sapere. Alcuni elementi, però, ci dicono che non basta dotarsi di una grande dote di fiducia, nel momento in cui riempie il carrello della spesa. Perché mancano ancora alcuni elementi nella filiera agroalimentare italiana, la più controllata del mondo, per poter scegliere in consapevolezza.
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Non bastano le “Linee guida ai fini della rintracciabilità degli alimenti e dei mangimi per fini di sanità pubblica”, che pure attraverso il numero di lotto e scadenza permettono di rintracciare il processo di produzione del nostro pacco di pasta, se non c’è, ad esempio, un obbligo di indicazione di provenienza dei grani utilizzati per la produzione della pasta prodotta in Italia. Non a caso, come abbiamo raccontato, proprio dal Ministero per le Politiche Agricole è arrivata la proposta di legge in UE per introdurre la sperimentazione dell'indicazione obbligatoria dell'origine per la filiera grano - pasta in Italia.
Per questo abbiamo bisogno di maggiore trasparenza. Così come gli enti di controllo, ASL in primis, dai servizi veterinari e di igiene degli alimenti, che già intervengono sul controllo di filiera del cibo con oltre 600 mila controlli l’anno, dovrebbero rendere noti le tipologie delle irregolarità, 59.480 provvedimenti amministrativi e 1.028 notizie di reato solo nel 2015.
Così come gli stessi cittadini dovrebbero, sempre, proprio rivolgersi alle ASL per far scattare il controllo sul cibo alterato, ad esempio. Motivi in più per partecipare alla nostra inchiesta: scriveteci e segnalateci informazioni, anche in modo anonimo e nel gruppo Facebook che abbiamo dedicato ad Inchiesta Italia.